L’Associazione Morlupo Cultura è attiva con assiduità e svolge problematiche variate. La reggono lo scrittore Danilo Micheli ed il giornalista Marco Rho, il quale anima ed agita gli incontri con domande, inserti opportuni ai soggetti. Nella medesima circostanza della presentazione del testo di Cinzia Tani, ne ho scritto, dialoga con Marco Rho la sociologa Chiara Narracci Zampieri in merito al suo libro: “A STAR BENE SI IMPARA! E’ BUONO PER ME ?” G.A.Z.E edizioni.
L’argomentazione è sociologica, pedagogica, psicologica, narrativa, interconnesse. Espone e propone quanto il titolo dichiara: imparare a stare bene, vale a dire: occorre imparare a stare bene, non siamo naturalmente a scanso di errori. Questionari per conoscersi, tipologie comportamentali, distorsioni, sapere chi siamo è fondamentale SE VOGLIAMO STARE BENE.
La parte sulla conoscenza di sé sta al cominciare, dopo vi è la narrazione fiabesca che narra, appunto, timori, presunzioni, da percepire e sanare, al dunque, favolistica morale, morale della favola, la rileva nella Prefazione Emanuela Amici. A sua volta Chiara Narracci dopo ogni narrazione pone una derivazione di significato: la favola intende educare, e precisa lo scopo educativo. Ma la narrazione ha valore in sì, come narrazione, l’Autrice ha inventiva di dettagli viventi, e fa discorrere tutto e tutti in una successione di vicende , gradevole pur dopo traversie, leggibile, con trovate originali, inconsuete e mai forzando l’aspetto pedagogico su quello narrativo.
La scrittura è semplice ma non facilona, non terra terra, con ammanto di “C’era una volta” che rammenta il fiabesco favolistico, adatto alla lettura degli adulti ed all’ascolto dei bambini. Ogni narrazione ha un senso pedagogico di comportamento, ma interno al racconto, non sbandierato, volontaristico… Il gabbiano parla con il delfino minorenne attaccatissimo alla madre, dalla quale si fa nutrire anche se ormai non è, diciamo, bambino. Il Gabbiano lo consiglia nel pescaggio, rendersi indipendente senza respingere la madre… Dei bambini in un orfanotrofio reclusi si annoiano, scoprono di fare ombre con le mani a mezzo di una luce che, viene intermessa dalle mani, gli altri bambini vedono, godono il giostrare delle ombre, hanno modi per fantasticare le loro espressioni, e la noia perisce… Una lupacchiotta vive con la madre, nascoste per evitare i cacciatori, infine la madre esce a fare cibo, Pula, la figlioletta, attende, la madre non torna. Si avventura, Pula, foresta, altri lupi, teme, no, l’accolgono, e vivrà insieme e diverrà madre…
Un cane viene lasciato da chi lo ama alla sorella che insiste per tenerlo. Sciaguratamente il cane subisce uno scontro, una zampa perduta. viene accolto, curato, amato da altri, il possessore originario torna, rimbrotta la sorella, vorrebbe il “suo” cane, ma il cane, nello scegliere, va dai nuovi padroni che lo hanno amato pur difettoso…
Non ridirò di altri racconti, vanno letti nella espressione, non sono concetti, sono vere narrazioni, con un loro stile. Chiara Narracci fa esprimere e colloquiare tutto e tutti, dicevo, le coccinelle, gli uccelletti, i pesci, i topini, parlano tra di loro e con gli umani. Come mai?
PERCHE’ VIVONO E VOGLIONO VIVERE E VIVERE E’ STARE INSIEME OSSIA COMUNICARE.
Il senso del libro sta nello stare insieme comunicando la gioia di stare insieme, la gioia di vivere. Ma stare insieme non perdendo la propria individualità, anzi: INDIVIDUANDO IL PROPRIO IO PORSI DOVE ESSENDO SE STESSI SI STA BENE CON SE’ E CON GLI ALTRI.
Chiara Narracci: chi sa chi è, e sta bene con sé, riconosce come e dove stare bene con gli altri.
ANTONIO SACCA’